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Innovazione e ricerca ci salveranno?

Cristiano Fini, presidente Cia – Agricoltori Italiani Emilia Romagna

Lasciamo alle spalle un 2019 ricco di imprevisti e disagi, al contempo stiamo per affrontare numerose sfide fondamentali per la sopravvivenza del settore agricolo. Il contesto geopolitico ed economico mondiale (Brexit in testa), i mutamenti climatici e la fragilità delle campagne sono fattori che vanno governati per garantire la sostenibilità economica delle imprese.

Le parole chiave sono innovazione e ricerca nel ‘primario’ al fine di essere riconosciuti come asset strategico per il Paese non solo dal punto di vista economico, ma anche sotto il profilo del presidio del territorio, della tutela dell’ambiente e della qualità della vita dei cittadini.

La ricerca nazionale pubblica, e non solo quella delle multinazionali, deve fornirci gli strumenti innovativi per farci produrre materie prime migliori sotto il profilo qualitativo e a costi produttivi inferiori, oltre che ad aiutarci nel mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici che il settore agricolo subisce: eventi anomali ed estremi, agenti patogeni ed insetti alieni stanno minando drasticamente la nostra produttività, senza peraltro vedere il giusto riconoscimento del prezzo alla produzione.

L’agricoltura italiana ha fatto enormi passi in avanti sotto l’aspetto della sostenibilità ambientale: impennata delle produzioni biologiche, agroenergie e benessere animale, ad esempio, sono motivo di orgoglio per l’Emilia Romagna.

Tutto ciò è sufficiente?

Probabilmente no, abbiamo ancora tanta strada da fare, ma va detto che tutto ciò ha un costo che non può – e non deve – essere riversato esclusivamente sulle imprese agricole, prive di margini per potersi fare carico di problemi che coinvolgono l’intero pianeta. Va quindi riscritto un patto tra agricoltori, cittadini e consumatori, grande distribuzione organizzata, istituzioni, enti di ricerca e università per garantire la sostenibilità economica dell’agricoltura che, se muore, trascina con sè inevitabilmente molti parti della filiera produttiva, perché non esiste made in Italy senza la materia prima degli agricoltori italiani.

Ha ragione il presidente nazionale Cia, Scanavino, quando dice che il prezzo minimo dei nostri prodotti non si può fare, però, in maniera provocatoria, si potrebbero concedere contributi pubblici solo a quegli attori della filiera che riconoscono un prezzo equo agli agricoltori. Già, perché dobbiamo interrompere quel meccanismo tale per cui tutti ci vengono a fare i conti in tasca e, in nome della sostenibilità della filiera, gli agricoltori si devono accontentare di ciò che rimane: le briciole.

Infine, tra le rare note positive che hanno concluso il 2019, saluto con piacere la nascita di Cia Emilia Centro, un altro tassello, dopo la Confederazione della Romagna, che punta ad ottimizzare il ‘fattore dimensionale’ delle province e accompagnare le imprese nella sfida competitiva delle aree vaste.

Cristiano Fini, innovazione, ricerca, sostenibilità

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